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Sapere Volare - Fabbris Intervista su Motociclismo

Sapere Volare - Fabbris Intervista su Motociclismo

Suzuki FabbrisLa ricetta di Fabbris per divertirsi in pista è un ritorno alle origini: si parte da una Suzuki SV650S e si toglie tutto il superfluo, si migliorano le sospensioni e si dà un po’ di birra in più al motore. ll risultato finale è una moto da 150 kg tra le più divertenti che si possano avere spendendo 10.000 euro

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Appena abbiamo posato gli occhi su questa Suzuki SV (battezzata Super Leggera SLR700) ci è venuta una gran voglia di provarla tra i cordoli. Ormai sono anni che non si vedono moto così a misura d’uomo, senza tutta quell’elettronica oggigiorno necessaria per gestire potenze che hanno superato i 200 CV. Farsi una moto per divertirsi tra i cordoli oggi significa scegliere una mille, dal momento che la categoria 600 è praticamente sparita, ma ci sono alternative molto più economiche e altrettanto divertenti. Prendere una supersportiva 1000 e trasformarla da pista significa mettere sul piatto dai 20 ai 25.000 euro e, non dimentichiamolo, poi servono gomme fresche ogni giorno per continuare a divertirsi con tutta quella potenza. Una moto come questa, invece, permette di divertirsi con molto meno: 10.000 euro tra acquisto moto usata e preparazione, consumi ridicoli di carburante e un treno di pneumatici che dura tanto di più. Sappiamo cosa stanno pensando molti di voi: bravi, state dicendo che una Graziella costa meno di una Specialized in carbonio... È vero, siamo su due mondi diversi, per prestazioni e costi, ma come divertimento di guida non metteteci la mano sul fuoco, questa è tutt'altro che una Graziella!
Ragioniamo su una cosa: avete visto i tempi delle Moto3 o delle vecchie 125 GP anche su piste veloci come il Mugello? Davvero voi, con una sportiva da 200 CV, riuscite a girare in quei tempi, che vengono fatti con moto da 60 CV? Crediamo sia difficile, e il motivo è che quelle moto sono piccole e leggerissime, fanno della velocità di percorrenza la loro arma vincente e tutto questo si traduce in un’esperienza di guida fantastica. Questa SV ferma la bilancia sotto i 150 kg, un risultato eccellente, ma pensate che si potrebbe ancora scendere: come sempre è solo questione di budget. Roberto il proprietario della moto aveva messo un tetto di 10mila euro e lì ci si è fermati, ma volendo ci sono cose interessanti da fare per alleggerire ancora, come il serbatoio in vetroresina che toglierebbe 3 kg solo lui rispetto a quello in acciaio di serie...

Come togliere 40 kg

La base di partenza è una SV650S del 2004 che Michele Fabbris ha ritirato incidentata nella parte anteriore e nel cupolino. Valore: 400 euro. L’obiettivo, fin da subito, è stato quello di alleggerirla al massimo con la minima spesa. Tutta la parte posteriore della moto, vale a dire telaietto reggisella e tutto quello a lui collegato è stato rimosso. L’impianto elettrico è stato riposizionato nella parte sotto il serbatoio, accentrando le masse, mentre il codino/sella è un elemento nuovo realizzato da un artigiano inglese in carbonio e fibra di vetro ed è autoportante, quindi non ha un telaietto dedicato. Sempre per limare i grammi di troppo è stata eliminata la batteria, mantenendo però il motorino di avviamento: la moto si avvia collegando una batteria esterna. Forse una leggera di quelle al litio di ultima generazione sarebbe un aggravio di peso di pochi etti e nel sottocodino, completamente vuoto, ci sarebbe lo spazio. Dovendo sostituire la forcella incidentata, si è optato per una Showa da 41 mm di una GSX-R600 del 2004, riadattata e regolata perché questa moto è molto più leggera della sportiva donatrice. Il monoammortizzatore è un Öhlins specifico per SV, ma rivisto nelle tarature e nella molla, perché comunque questa moto pesa 40 kg in meno. I dischi di serie della GSX-R600 (da 310 mm), sono stati sostituiti con due Braking da 290 mm e più sottili perché, leggera com’è questa SV, basta un dito per ribaltarsi... La pompa freno è una Nissin da 19 mm, più gestibile e modulabile per frenare fino a centro curva, mentre alcuni elementi realizzati su misura sono il radiatore, più corto e di maggior spessore, le pedane con supporto realizzato CNC e misure dedicate a Roberto, il proprietario, che è alto 169 cm. Grande novità sono i cerchi, entrambi nati per la GSX-R: il posteriore è da 5,5” e pesa quasi un kg in meno del 4,5” di serie sulla SV, mentre l’anteriore è stato un colpo di fortuna, avendo trovato usato uno splendido forgiato in magnesio, leggerissimo. Per gli pneumatici la scelta è caduta sui Dunlop D213GP, che hanno ottimo grip e il vantaggio di mantenere elevato il livello di aderenza anche dopo diverse uscite. Le misure sono quelle tipiche delle supersport, 120/70 davanti e 180/60 dietro. Lo scarico è un Arata su cui sono state montate tre Lambda, per avere la mappatura cilindro per cilindro e la terza che fa la verifica finale e va in acquisizione dati.
Lo strumento che recepisce tutte le informazioni è uno Starlane DaVinci, ha pochi canali rispetto alle moto di oggi zeppe di elettronica, perché "legge" la marcia inserita, il TPS (apertura del gas), il numero di giri, la velocità e i valori inviati dalla Lambda. La Starlane registra i dati, che poi sono scaricati sul computer per capire in quale senso intervenire sulle mappature motore. Queste ultime sono regolabili grazie al Dynojet Power Commander con Autotune. Ovviamente non si possono mantenere i rapporti di serie, sia per rincorrere l’alleggerimento, sia soprattutto perché il motore è cresciuto nelle prestazioni. Ora il pignone ha un dente in più e la corona tre in meno rispetto all’originale; la catena è una 520 ad alta scorrevolezza.

La scelta di partire dalla base di una SV ultimo tipo, quindi a iniezione, è stata fatta per non dover mettere mano ai carburatori per regolare la carburazione, ma lavorando come oggi si è abituati, con centraline e mappature. Della versione a carburatore, però, arrivano i coperchi pompa acqua e frizione, che sono in plastica (più leggeri quindi) e soprattutto sono due separati, mentre sulla versione a iniezione c’era un solo coperchio in alluminio che obbligava a svuotare l’impianto di raffreddamento anche solo per far manutenzione alla frizione. Il motore adotta nuovi pistoni forgiati Athena con alesaggio maggiorato da 81 a 84 mm: la cilindrata totale ora sfiora i 700 cc (693,5 per la precisione). È stata anche modificata la scatola filtro originale per migliorarne l’afflusso di aria. Il rapporto di compressione sale da 11,5 a 12,5:1.
Il selettore del cambio ha un nuovo cuscinetto a rulli per migliorarne la scorrevolezza, nuova è anche la girante della pompa dell’acqua, ora metallica e non in plastica come quella della SV di serie e la frizione antisaltellamento che deriva da una TSS per SV lavorata allo sfinimento per farla funzionare al meglio.

Un gatto tra i cordoli
Erano anni che non guidavamo una moto così facile e leggera! C’è solo una difficoltà di base, perché il proprietario della SV è oltre 10 cm più basso di noi e le pedane sono davvero troppo vicine alla sella... L’ultima volta che abbiamo avuto una sensazione così marcata di compattezza e leggerezza è stata nel 2006 quando testammo la Honda RS250 GP di Daniel Pedrosa: qui non abbiamo una ciclistica così reattiva, ma certe sensazioni le abbiamo vissute di nuovo. Come quelle di
ritrovarsi con la moto sdraiata in piega prima di quello che avremmo voluto e con una velocità nei cambi di inclinazione cui si fatica a star dietro col corpo tanto è rapida. Sono cose che con le sportive di oggi non si ritrovano più e che solo una moto così leggera può regalarti. Qui siamo di fronte a una special che vuole divertire proprio per questo, seguendo la filosofia che ha fatto grande Lotus, parlando di mondo a quattro ruote: “To go faster, add lightness” diceva il fondatore Colin Chapman. E infatti le sue automobili sono oggetti divertentissimi proprio perché non pesano nulla.

Qui è un po’ la stessa cosa, si percorrono i rettilinei senza troppa fretta (82 CV alla ruota sono un bel risultato, oltre 10 in più della SV standard, ma non eccessivi in termini assoluti), ma si può contare su una buona spinta in uscita di curva e in una ciclistica e dei freni che fanno la differenza in tutte le altre parti del tracciato. Nel caldissimo tracciato di Franciacorta a inizio agosto (38 °C!) ci siamo tolti delle gran belle soddisfazioni: la velocità di percorrenza in curva è esagerata e la snellezza della moto regala una luce a terra notevolissima, così ci si ritrova sdraiati a centro curva con il gas già puntato pronti per fiondarsi fuori. Non esiste traction control qui, ma con queste potenze in gioco e uno pneumatico posteriore bello largo, la trazione è ottima e ci si ritrova ad anticipare sempre più l’apertura del gas. Altro frangente di guida dove questo peso piuma esalta è la frenata: si stacca forte, fortissimo e occorre ritararsi perché l’ingresso curva fulmineo richiede di ritardare ancora di più la frenata e portarsi con il freno anteriore pizzicato fin quasi alla corda, grazie all’ottima modulabilità dell’impianto.
Il cambio robotizzato che funziona solo a salire di marcia lavora alla perfezione; in scalata l’innesto dei rapporti inferiori è un po’ contrastato e il passaggio ad una marcia più bassa non risulta così fluido, forse a causa della frizione, che non stacca alla perfezione se non si tira la leva fino in fondo.

MICHELE FABBRIS IL PREPARATORE:

"LEGGEREZZA, EFFICIENZA E POCA SPESA: OBIETTIVI CENTRATI"

Il preparatore veronese, classe 1976, ha una lunga storia di officina, che parte dal lontano 1979, quando il papà, pilota di velocità, aprì l’attività. “Mio papà correva in moto da giovane – ci racconta Michele – ha aperto lui l’officina nel 79 e nel 2007 io e mio fratello Marco l’abbiamo rilevata”. Che ruoli avete in officina?
“Marco è il capo officina, io mi occupo di sospensioni e organizzazione. Quindi io sono quello che spesso ci mette la faccia, ma dietro c’è sempre tanto lavoro anche di mio fratello”.
Molti ti conoscono come preparatore di moto da velocità, di cosa ti sei occupato negli anni?
“In realtà la mia passione iniziale è stata il cross, ma negli anni ho lavorato nelle corse perché le richieste erano molto incentrate proprio nella velocità. A fine anni 90 è arrivata l’ondata di appassionati della pista, grazie a Valentino”.
Le immatricolazioni di sportive sono in calo negli ultimi anni: questo mondo si è fermato o si lavora ancora
con la velocità e la pista?
“In questi anni questo fenomeno si è rallentato, ma io vedo che sta tornando. È anche cresciuto il fuoristrada, soprattutto l'enduro. Comincio a vedere un ritorno anche delle custom, dopo
le café racer e le scrambler... Siamo tornati agli anni 90: è un ciclo”.
Da dove è nata l’idea di realizzare questa special su base SV?
“Roberto, il proprietario, aveva venduto la sua GSX-R600 Stock e voleva una moto diversa dal solito. Fare una supersport ci allettava, ma non era niente di nuovo e il budget era comunque ridotto. Per una Supersport fatta con gli stessi criteri usati su questa SV ci vogliono più di 35.000 euro. Eravamo partiti dall’idea di fare una cosa che nessuno avesse fatto in maniera professionale, scientifica. Fino a oggi si sono viste delle SV spogliate, ma sono soprattutto esperimenti realizzati da semplici appassionati e non curate come può fare un professionista”. L’obiettivo principale? “La moto doveva essere leggera, punto. In realtà doveva essere anche efficiente ed economica.
Di solito rinunci sempre a una delle tre cose, perché i budget crescono per raggiungere gli altri due obiettivi. È una bella soddisfazione riuscire a centrare tutte le richieste senza sforare il budget”. Sei soddisfatto anche del responso del banco del nostro centro prove?
“10 CV in più su tutta la curva, su una moto che parte da 65 CV, non è affatto un brutto risultato. E con i suoi 149 kg senza benzina, abbiamo raggiunto l’obiettivo principale”.
Questo è un esemplare unico, ma replicabile anche in altre configurazioni, se qualcuno volesse una moto simile?
“Esiste anche la possibilità di fare qualcosa di meno pregiato, perché qui tra sospensioni, scarico in titanio, cerchi e acquisizione dati ci siamo sbizzarriti. Si può fare una bella SV da pista anche utilizzando una forcella tradizionale, i cerchi originali e rinunciando al codone autoportante. Bisogna capire le esigenze del cliente e il suo budget”.

 

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